Alle 8.00 fa molto freddo, ma non c'è vento, che qui vuol dire tanto. La temperatura in vetta è prevista a -35 gradi. Facciamo colazione, alle 9.30 siamo pronti legati in cordata e ci avviamo. Iniziamo la salita e i miei piedi non mi fanno troppo male. Ogni tanto facciamo qualche pausa per bere e dare un morso ad uno dei torroncini di “Semino”.
Dopo un paio di ore la strada si fa più ripida ed il dolore ai talloni a causa delle vesciche si fa via via insopportabile. Le provo tutte per distrarmi, penso ai miei cari, a cosa farò al mio rientro, canto, ma ad un certo punto non riesco più a tenerlo a bada sono veramente in crisi. Mi assale il pensiero che non sia possibile. Guardo l’orologio, siamo a 4700 mt. mancano solo 200 mt., non posso fermarmi ora ma non so come fare, sono disperato vorrei urlare per la disperazione e per l’impotenza che provo ora.
Mi viene un'illuminazione! Rifletto sul fatto che i talloni sfregano in salita per la loro posizione, e allora provo a girarmi e senza dir niente a nessuno inizio a camminare all'indietro aiutandomi con i bastoncini per spingermi in su (sono ultimo di cordata e non si accorgono del mio dramma). Finalmente sento sollievo immediato posso ancora andare avanti. Questa strategia mi ha permesso di far rifiatare i piedi ed andare avanti, altrimenti mi sarei dovuto fermare non era veramente più possibile.