Ieri è stata una giornata di trasferimento, con un paio d'ore di cammino abbiamo superato il ripido dislivello che ci ha portato su un piano roccioso a circa 5400 mt., dove è stato predisposto il Campo 1 per la salita al Lobuche Peak.
Per tutto il tragitto il vento ci sferza la faccia e ci riempie di finissima polvere. Quando arriviamo al campo è quasi ora di pranzo (sono le 11.00 ma qui hanno orari da altoatesini). Il vento è ancora più forte e ci costringe dentro le tende, una ogni due persone. Io mi sistemo con Luciano. Dopo poco ci portano il pranzo che dobbiamo consumare rannicchiati, in sostanza usciamo dalla tenda solo se il fisico "chiama". Stesso discorso per la cena. Le ore da trascorrere in tenda sono lunghissime, non passano mai. Ci avvisano che la partenza verso Il Lobuche Peak è prevista per le 4.30 di mattina e che alle 4.00, prima di partire, ci porteranno una piccola colazione. Inutile dire che né io né Luciano siamo riusciti a dormire, per cui quando alle 3.50 con 10 minuti di anticipo ci portano la colazione, siamo prontissimi. La colazione comprende una tazza di the bollente, che fa sempre piacere, e una ciotola di porridge (puah!) un mix di latte bianco con avena con le sembianze di una pappetta tutt'altro che attraente, mando velocemente giù quattro cucchiai sperando di non "rivederli" durante la salita.
Zaino in spalla! All'ora stabilita siamo tutti pronti a muoverci. Per fortuna il vento si è calmato. Il nostro gruppo, oltre che da noi tre, è composto da due australiani e un giapponese, quest’ultimo fa anche parte del nostro gruppo per l'Everest, mentre gli australiani fanno solo trekking. Abbiamo tutti scarponi d'alta quota che rendono la camminata molto faticosa. La prima ora e mezza procediamo su lastroni di roccia talvolta molto ripidi che richiederebbero delle scarpette molto più agili, arriviamo al limitare del ghiacciaio, dove infiliamo i ramponi. Da qui alla vetta non manca tantissimo, forse 400 mt. di dislivello, ma nonostante questo ci impegnerà per tre ore circa. La quota si fa sentire, le gambe sembrano di legno e non vogliono saperne di rispondere ai comandi. Finalmente dopo aver pensato per un'infinità di volte che il cuore mi sarebbe potuto scoppiare, vedo la figura di Luciano, che mi precede, rivolta verso di me con i pollici alzati. Siamo in cima! Stiamo su un bel po' a scattare foto e a congratularci reciprocamente. Prima di iniziare la non meno impegnativa discesa mangiamo qualcosa. Siamo felici, la salita di una montagna non è mai scontata ed anche oggi c'è stato chi, suo malgrado, ha dovuto rinunciare.
Il nostro pensiero è ora rivolto al vero obiettivo della spedizione, la montagna più alta del mondo, L'Everest.